L’ATE, Associazione Traumi Encefalici, è nata a Torino nel 1993, per iniziativa di un gruppo di operatori della riabilitazione e di parenti di ragazzi traumatizzati cranici. Nel 1995 l’Associazione è stata inserita nel Registro del volontariato della Regione Piemonte, settore Sanità, divenendo in questo modo Onlus di diritto. Nel 2019 l’ATE ODV ha aggiornato il proprio statuto per poter essere inserita nel Registro nazionale unico del Terzo settore.
L’Associazione promuove e organizza progetti ed azioni di sostegno alle persone che hanno subito una grave cerebrolesione acquisita (GCA) e alle loro famiglie.
In particolare, l’attività e i servizi dell’ATE si articolano in un’ottica di lungo termine per sostenere le persone con GCA che hanno terminato l’iter riabilitativo intensivo all’interno della struttura sanitaria e che si trovano a dover far fronte a una serie di bisogni, quali:
– mantenere e potenziare le capacità cognitivo-comportamentali recuperate attraverso il percorso riabilitativo;
– rafforzare le competenze socio-relazionali e contrastare la frammentazione dei legami amicali e familiari;
– compensare la ridotta capacità di muoversi in autonomia sul territorio;
– ritrovare un nuovo equilibrio familiare alla luce dei cambiamenti avvenuti in seguito della grave cerebrolesione.
Gli utenti ATE
Usufruiscono dei servizi dell’ATE persone che convivono da lungo tempo con gli esiti di una grave cerebrolesione e sono quindi classificate dall’ambito sanitario come ormai stabilizzate dal punto di vista della riabilitazione. Accade quindi che difficilmente vengano sottoposte a cicli riabilitativi di mantenimento. Per questa ragione gli interventi dell’ATE pongono l’attenzione su fattori indispensabili per far condurre una vita quotidianamente adeguata.
Spesso le persone frequentano le attività dell’ATE per molti anni.
Le famiglie
La presenza in famiglia di una persona con GCA ha notevoli ripercussioni nelle dinamiche di relazione interpersonali anche all’interno della famiglia, che si trova a dover gestire un cambiamento di stile di vita altamente destabilizzante. In particolare il familiare più direttamente coinvolto nell’attività di cura (caregiver) affronta spesso un progressivo isolamento, arrivando all’interruzione dei rapporti extra-familiari.
D’altro lato, il ruolo di sostegno dei familiari nel processo di recupero è di fondamentale importanza, soprattutto in considerazione dei tempi lunghi per questo necessari. La famiglia diventa punto di riferimento essenziale, soprattutto quando sono coinvolte persone giovani, che, anche a fronte di esiti non interamente recuperabili, hanno comunque aspettative normali di durata di vita.